In una recente ordinanza i giudici bacchettano le compagnie assicurative che, spesso, consigliano al cliente di rottamare l’auto piuttosto che rimetterla in sesto
Dalla Corte di Cassazione arriva una sentenza favorevole agli automobilisti e alle piccole imprese: in caso di incidente con danni importanti le assicurazioni non possono imporre la rottamazione, rifiutandosi di pagare la riparazione perché antieconomica. Il problema si pone soprattutto con i veicoli con diversi anni sulle spalle, il cui valore è di poche migliaia di euro: parliamo di un parco auto da milioni di unità. “Il danneggiato – spiegano i giudici nell’ordinanza 10686/23 – può avere serie e apprezzabili ragioni per preferire la riparazione alla sostituzione del veicolo danneggiato”: perché gli è più comodo guidare un’auto che conosce o perché non vuole cercarne una usata sul mercato che magari si rivela inaffidabile. Soddisfare questa esigenza “può comportare un costo anche notevolmente superiore a quello della sostituzione”.
D’altra parte, concede la Cassazione, deve prevalere il buon senso: i costi della riparazione non possono essere tali “da eccedere la misura del danno e comportare un arricchimento del danneggiato”. Ma questo è proprio il compito dei periti assicurativi: valutare il giusto costo del danno subito dall’automobilista.
Federcarrozzieri ha commentato l’ordinanza giudicandola “clamorosa”: “La Corte di Cassazione interviene a gamba tesa sul settore delle riparazioni auto, bacchettando di fatto le compagnie di assicurazioni che spingono i propri clienti a rottamare l’automobile in caso di incidente quando il costo delle riparazioni supera il valore commerciale della vettura”.
Stefano Mannacio, responsabile assicurazioni di Assoutenti, la riassume così: “In Italia il 30/40% del parco circolante ha oltre 10 anni. Parliamo di circa 15 milioni di automobili che in caso di incidente con danni rilevanti, secondo i parametri utilizzati finora sarebbero totalmente irreparabili”. Il riferimento è al parametro che le assicurazioni usano per calcolare il valore di un’auto usata: “Fino a oggi sono sempre stati considerati i listini di due riviste di settore” spiega Mannacio, “ma oggi non è più così, ci sono molte altre fonti che esprimono valori ben più vicini a quelli di mercato”.
Secondo l’esperto di Assoutenti, per certi versi “la sentenza ribadisce un principio che spesso viene già applicato”, ma i giudici hanno mandato un chiaro segnale alle compagnie assicurative: “In questo scenario economico le famiglie hanno grosse difficoltà a comprare una nuova auto. E dopo questa ordinanza sarà più facile, per chi ha un’auto di oltre dieci anni, ricevere non più mille ma anche duemila euro per poterla riparare anziché sentirsi dire che la deve buttare via”.
La difesa delle compagnie
Secondo Ania “l’intervento della Suprema Corte conferma una giurisprudenza già consolidata. Da un lato infatti non presenta elementi di novità rispetto alla giurisprudenza della stessa Corte, secondo cui la riparazione del veicolo può non essere accordata dal Giudice quando “il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo”. Dall’altro lato, si limita a dichiarare che il giudice debba valutare se vi sia un ingiusto arricchimento per il danneggiato con la riparazione del mezzo, considerando allo stesso tempo tutti gli eventuali costi accessori in caso di non riparazione. La Cassazione ha evidenziato, peraltro, che, per effettuare un’equa comparazione, occorre verificare, nel caso concreto, se vi sia effettivamente, con la riparazione, un aumento del valore del veicolo rispetto a quello che lo stesso aveva prima del sinistro. Rileviamo, al riguardo, che occorre considerare, nella valutazione del valore commerciale ante sinistro, anche la detrazione del valore del relitto indirizzato alla demolizione”.
“Quanto ai costi accessori – sottolinea ancora l’Ania – riteniamo che l’ordinanza volesse intendere che tali costi vadano ricompresi nella valutazione dell’antieconomicità o meno della riparazione, considerandoli quindi in aggiunta, nella somma massima riconoscibile al danneggiato, quando lo stesso decida di riparare il veicolo incidentato invece che rottamarlo. La riparazione, però, con pezzi di ricambio nuovi e non usurati aumenta il valore del veicolo. Di conseguenza, per evitare indebiti arricchimenti, nella valutazione della somma massima indennizzabile va considerato sia il valore relitto da detrarre sia l’usura del veicolo ante sinistro, nonché anche tutti i vantaggi in termini di accresciuta efficienza e migliorata rivendibilità del veicolo stesso derivanti dalla riparazione. Si tratta di principi e criteri accolti da anni nella prassi liquidativa delle imprese di assicurazione”.
di Federico Formica
da repubblica.it